Aventino

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L’Aventino è uno dei sette mitici colli su cui venne fondata Roma, una collina dalle pendici ripide che arriva a sfiorare il Tevere. Situato a sud del Circo di Massimo e ad est del Tevere. Nel parco del Savello, meglio noto come il Giardino degli Aranci è possibile raggiungere una raffinata e meravigliosa terrazza che si affaccia sul Tevere e domina tutte le cupole di Roma, in primis la Basilica di San Pietro. Da questo angolo, tra i più amati e frequentati della città, si gode una delle viste più belle di Roma in tutte le ore del giorno e della notte.

Il Colle Aventino è una zona residenziale borghese e una delle più tranquille nel centro di Roma, uno degli angoli più amati per la vista della Città Eterna. Realizzato da Raffele de Vico nel 1932, affianca il belvedere del Giardino di Sant’Alessio. Punteggiato di rigogliosi aranci, il giardino un tempo era il luogo in cui predicava San Domenico, fondatore dell’Ordine dei Padri Domenicani; spiando da un foro aperto nel muro della chiesa di Santa Sabina è possibile scorgere l’arancio presso il quale predicava il Santo.

Il giardino si presenta con un’impostazione simmetrica; un viale si apre varcato il cancello conducendo i visitatori verso il belvedere. Ai lati due slarghi fanno da ali al camminamento; ma la meraviglia si palesa appena alzati gli occhi; non è necessario nemmeno avvicinarsi al parapetto per iniziare a scorgere le sagome dei monumenti che si delineano disegnando un suggestivo orizzonte.

E al tramonto l’atmosfera si tinge di magia; il sole scalda i profili e tutto sembra divenire poeticamente romantico. Gli innamorati si guardano con occhi languidi e anche chi non è felicemente accompagnato non può non cedere alla tentazione di innamorarsi di Roma

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L’imponenza della Basilica di Santa Sabina si palesa con i profili delle sue cupe finestre che illuminano dolcemente l’interno. Costruita sotto il pontificato di Celestino I (422-432) da Pietro d’Illiria, la chiesa è un ottimo esempio di basilica paleocristiana a pianta longitudinale.

Entrando si apre un ampio spazio scandito da due file di dodici colonne di marmo. L’interno risulta molto semplice; della decorazione originaria rimangono il mosaico che sovrasta la porta principale, gli intarsi marmorei sopra il colonnato e resti di stucchi e affreschi nelle navate laterali.

In fondo, prima della curva dell’abside, la schola cantorum in un trionfo di rami, uccelli, sfere e stelle, motivi che dichiarano un’origine iraniana ispirata al simbolismo cosmogonico. E sul catino absidale l’affresco di Taddeo Zuccari con Cristo sul monte circondato da Santi e Apostoli.

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La basilica Santi Bonifacio e Alessio costruita tra il IV e il V secolo sull’Aventino, la chiesa è dedicata ai santi Bonifacio di Tarso e Alessio di Roma. Onorio III nel 1216 ordinò la ricostruzione del complesso; successivamente la chiesa subì un restauro (nel 1582) e due rifacimenti, il primo ad opera di Tommaso De Marchis (1750) e del Somaschi (1852-1860).

Attualmente la chiesa conserva i segni di tutti gli interventi subiti nel tempo in una commistione di stili che ne delinea il fascino.

Ma è nella navata di sinistra che è conservata un’opera sorprendente: si tratta di una splendida scultura opera di Antonio Bergamo, discepolo del Bernini, in cui Sant’Alessio è raffigurato sul letto di morte, al di sotto di una scala.

Un chiaro riferimento alla vita del Santo e a una serie di peripezie che lo condussero a casa della sua famiglia, non riconosciuto, scambiato per un mendicante e ospitato in un sottoscala. Osservando l’opera i riferimenti al Maestro Bernini sono chiari tanto da riportare alla mente altri capolavori forse più noti come l’Estasi di Santa Teresa. L’artista dona al marmo la vita rendendolo con una morbidezza che profuma d’arte.

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Il buco della Serratura del Priorato dei Cavalieri di Malta è una meta che  sorprenderà il visitatore vedendo all’inizio solo una grande porta verdognola; ma è accostando l’occhio al suo buco della serratura che si cela la vera sorpresa: non esitate accostare l’occhio allo spioncino e spiate cosa si cela oltre.

Oltre a quel lungo corridoio alberato a far da cornice è la sagoma del Cupolone. L’attesa sarà sicuramente ripagata e dal ricordo degli scatti realizzati spiando dal Buco della Serratura del Priorato dei Cavalieri di Malta; un’esperienza che avrete desiderio di vivere ogni volta che passeggerete all’Aventino perché spiando dal buco della serratura è possibile ammirare la cupola di San Pietro incorniciata dalla rigogliosa vegetazione del giardino della villa.

Inoltre oltre il portale ligneo più spiato di Roma si apre il complesso della villa Magistrale in cui hanno sede il Gran Priorato di Roma e l’Ambasciata dell’Ordine presso la Repubblica Italiana.

La villa, edificata a metà del 1500 sui resti di un monastero benedettino, gode del diritto di extraterritorialità; qui il 24 giugno si celebra la festività nazionale dedicata a San Giovanni Battista, protettore dell’Ordine.

Il sito, luogo strategico fin dal Medioevo, a picco sul Tevere e in vista dell’isola Tiberina, passò all’Ordine dei Templari e, dopo il loro scioglimento nel 1312, all’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme (detti Ospedalieri). Una scritta apposta sul bordo del pozzo situato nel giardino della villa ricorda la presenza dei cavalieri templari.

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Chiesa di Santa Maria in Aventino è stata realizzata  in memoria del luogo in cui fu rinvenuta un’icona della Madonna. Qui il monaco benedettino Oddone di Cluny, nel 936, fece edificare la chiesa ritenuta al tempo tra le venti abbazie più belle al mondo.

Dopo un intenso restauro Santa Maria in Aventino torna a splendere nei colori che il suo ideatore, Giovanni Battista Piranesi. Un lavoro durato due anni ma che permette di godere finalmente dell’unica opera architettonica realizzata dal Maestro veneziano tra il 1764 ed il 1766.

Una rinnovata luce, recuperata grazie alla volontà dell’Ordine di Malta, di una delle più antiche chiese di Roma dal ciclo iconografico unico.

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Il Roseto comunale di Roma si sviluppa sulle pendici dell’Aventino, di fronte ai resti del Palatino, appena sopra il Circo Massimo.

Fin dal III sec. a.c. il luogo in cui sorge l’attuale roseto era dedicato ai fiori. Tacito, negli Annales, parla di un tempio dedicato alla dea Flora, i cui festeggiamenti, “floralia“, si svolgevano in primavera nel Circo Massimo.

Ricoperto di orti e vigne fino a tutto il XVI sec., divenne, nel 1645, l’Orto degli Ebrei con annesso il piccolo cimitero della Comunità.

Il Roseto ospita circa 1.100 specie di rose provenienti da tutto il mondo, persino dalla Cina e dalla Mongolia. Fra le più curiose, la rosa Chinensis Virdiflora, dai petali di color verde, la rosa Chinensis Mutabilis, che cambia colore con il passare dei giorni.

Nell’area più vasta si trova la collezione di rose botaniche, antiche e moderne.